giovedì 24 ottobre 2013

Nicola Cusano

Nicola Cusano, anche noto come Niccolò Cusano o Niccolò da Cusa (1401 – 1464), è stato un cardinaleteologofilosofoumanistagiuristamatematico e astronomo tedesco.Fu il maggiore dei platonici rinascimentali. I platonici vedevano in Platone il rappresentante della più alta sapienza religiosa dell’antichità e quindi nel ritorno a Platone la via di un rinnovamento religioso. Era un mistico cioè credeva di poter arrivare a Dio, stabilendo un rapporto diretto con uno slancio irrazionale dell’anima. Fu il primo a dire che la conoscenza intuitiva era migliore di quella razionale, perché va oltre il finito.Il “De docta ignoranza” è un’opera che studia il percorso conoscitivo e i suoi limiti. L’ignoranza è “docta” poiché vi è una consapevolezza dei propri limiti (Socrate: “So di non sapere”) e “ignoranza” poiché l’uomo non può conoscere Dio. Secondo Cusano, possiamo conoscere solo ciò che ha una certa proporzione con ciò che già conosciamo. Quando l’uomo cerca di conoscere Dio non ci riesce perché l’uomo e Dio sono misure incommensurabili, troppo eterogenee. La nostra conoscenza parte dai sensi e i dati vengono elaborati dalla ragione, che è in grado di operare su cose ben distinte: la ragione opera tra distinti e finiti. Dio è infinito, molteplice perciò la ragione è impotente, infatti all’infinito tutto coincide Cusano sostiene che la distanza conoscitiva può essere colmata su un altro piano: dalle opere di Dio, dall’infinità di esseri finiti (dal creato). Dio è l’infinità contratta, l’universo un’infinità esplicata. Se la causa dell’universo è infinta, l’effetto sarà infinito e vi saranno nuove prospettive: l’universo sarà della stessa materia (omogenea), l’uomo sarà proiettato nell’infinito e quindi vengono meno le certezze.Il mondo non ha un centro e una circonferenza altrimenti al di fuori di questa circonferenza esisterebbe altro spazio, vuoto di realtà, mentre tutto il mondo comprende tutto lo spazio e tutta la realtà. Esso è privo di confini e di limiti. Le idee del Cusano ebbero grande risonanza presso gli umanisti e dopo: influenzarono i seguaci fiorentini di Platone e in particolare Marsilio Ficino, Giordano Bruno, Leibniz e il poeta tedesco Schelling. 

Marsilio Ficino

Marsilio Ficino (1433-1499) è stato un filosofo italiano. Fu il maggiore esponente del platonismo italiano del quindicesimo secolo. Studiò a Firenze dove Cosimo de' Medici gli affidò l'incarico di tradurre Platone. Raccolse intorno a sé un cenacolo di amici e discepoli: l'Accademia platonica. Attraverso la dottrina platonica, Marsilio Ficino vede la possibilità di operare una saldatura tra religione e filosofiatesa a un rinnovamento dell'uomo. Quest'ultimo è il suo vero centro della filosofia, che gli attribuì una posizione privilegiata nel cosmo. Occupando una posizione centrale nella gerarchia dell'essere, l'anima umana si rivolge a Dio pur prendendosi cura e dirigendo i corpi. Per questa sua funzione l'anima è detta copula del mondo, cioè principio unificante di immanenza e trascendenza. Immortale e libera, essa, pur partecipando ai tre ordini che governano le cose (la provvidenza - ordine del mondo spirituale, il fato - ordine del mondo animale e la natura - ordine dei corpi), si sottrae alla loro necessità dominandoli. Alla dottrina dell'anima è collegata quella dell'amore, inteso come principio unificatore della realtà in quanto è tendenza del mondo verso Dio e amore di Dio verso il mondo. L'opera di Ficino ebbe un'importanza straordinaria nella storia della cultura: per vari secoli i dotti europei conobbero Platone e i neoplatonici quasi sempre attraverso le traduzioni e i commenti ficiniani. Ma quei testi ebbero anche un'importanza più ristretta: da essi trasse i suoi stimoli più vivi l'ambiente raffinato della Firenze medicea, dove la filosofia di Ficino s'incarnò idealmentenell'opera "Primavera" di Botticelli. 

giovedì 10 ottobre 2013

Giordano Bruno

Giordano Bruno(1548-1600) fu il più grande filosofo del Rinascimento, che crea il suo pensiero con una mediazione tra il lavoro dei predecessori e i motivi principali della filosofia moderna. Entrò assai giovane nell’ordine domenicano, ma ne uscì presto per l’incompatibilità delle sue dottrine. Andò peregrinando per la Svizzera, la Francia, l’Inghilterra, la Germania, finchè fu arrestato a Venezia dall’Inquisizione, e dopo qualche anno di prigione condannato al rogo.



Bruno supera il modesto e cauto naturalismo di Telesio, elaborando un organico e compiuto sistema metafisico. iene indubbiamente sollecitato da molti interessi ma in particolare il suo pensiero ci appare dominato da una potente intuizione cosmologica. Approva gli studi di Copernico ma lo segue solo in parte: non è d'accordo nel ritenere che il sole sia il centro dell'universo che, a differenza dello studioso polacco, considera essere infinito. Nutre una profonda avversione contro l'astronomia aristotelica (l'unica riconosciuta ufficialmente ai suoi tempi), al cui cosmo finito contrappone appunto un universo illimitato, ricco di infiniti centri (o quindi di nessun centro). Arriva ad ipotizzare l'esistenza di altri sistemi solari e dunque di pianeti, alcuni dei quali abitati da esseri viventi e pensanti. A questo punto viene tirata in ballo anche la teologia. Difatti Bruno concepisce Dio non solo come causa prima del mondo ma anche come principio immanente di tutte le cose. Si tratta di quel tipo di concezione che va sotto il nome di panteismo, cioè tutto è Dio, dunque secondo tale dottrina Dio è presente in ogni cosa.La teoria secondo la quale l'universo è eterno, esclude il concetto di un Dio creatore, avvicinandosi semmai al buddhismo e uscendo completamente dal cristianesimo e dal teismo. Per altri aspetti Bruno ci riporta al buddhismo; nei trattati ermetici egli utilizzò immagini di forme geometriche su cui riflettere e meditare. Il punto interessante è che si tratta di "mandala", disegni geometrici fortemente centralizzati, da sempre usati nelle religioni orientali come ausilio della meditazione mistica. Inoltre Bruno ammetteva la metempsicosi (che rappresentò uno dei capi d'accusa durante il processo), la trasmigrazione delle anime anche tra forme viventi diverse.

mercoledì 11 settembre 2013

Cartesio

Cartesio da una svolta decisiva al passaggio dal Rinascimento all'età moderna. Nella suo pensiero, i temi fondamentali della filosofia rinascimentale diventano un problema in cui sono coinvolti l'uomo come soggetto e il mondo oggettivo. Egli, inoltre, è il fondatore del razionalismo, ossia quella corrente della filosofia moderna che vede nella ragione l'organo della verità, nonché lo strumento per elaborare una nuova visione complessiva del mondo. Cartesio nacque nel 1569 e venne educato in un collegio di gesuiti. Qui ricevette una grande cultura: studiò, infatti, retorica, grammatica, latino. Tuttavia egli pose sotto una luce critica tali studi e li ritenne insufficienti per un orientamento sicuro all'indagine. Cartesio apparteneva alla nobiltà di toga e, dopo aver terminato la scuola dei gesuiti, divenne ufficiale dell'esercito durante la guerra dei Trent'anni. Il costume militare del tempo permetteva ai nobili un'ampia libertà, per cui egli poté viaggiare per tutta Europa. Durante tali viaggi non solo imparò più di quanto aveva imparato sui libri fino a quel momento, ma si dedicò anche agli studi di matematica e di fisica e continuò ad elaborare la sua dottrina del metodo. Nel 1628 si stabilì in Olanda: qui compose un trattato di metafisica ed uno sul mondo, "il Trattato della luce". Tuttavia la condanna di Galilei lo sconsigliò dal pubblicare l’opera, nella quale egli sosteneva la dottrina copernicana. In seguito pubblicò tre saggi, sulla Diottrica, sulle Meteore e sulla Geometria. Intorno al 1644, dopo aver scritto l'opera intitolata "Le passioni dell'anima", egli cedette ai ripetuti inviti della regina Cristina di Svezia di andare a stabilirsi presso la sua corte.Nell'ottobre giunse a Stoccolma; ma nel rigido inverno nordico si ammalò di polmonite e morì nel  1650. Cartesio non vuole insegnare, ma descrivere se stesso: parla, infatti, in seconda persona. Quando uscì dalla scuola dei gesuiti si rese conto di non possedere nessun criterio per distinguere il vero dal falso; aveva semplicemente acquistato nozioni che nella vita servivano poco e niente. Egli, innanzitutto, rifiuta il sapere tradizionale e critica:aristotelismo, dottrina sterile e incapace di portare a nuove conoscenze;teologia, dottrina dogmatica che si basa su verità rivelate;magia, alchimia, astronomia : sono imposture;filosofia, dottrina contraddittoria. Cartesio considera il sapere tradizionale un bedificio da abbattere ed inutile, in quanto non fornisce conoscenze nel campo conoscitivo e morale: non serve, per poter distinguere il vero dal falso ed il giusto dallo  sbagliato. Ciò perchè tale sapere bansa i suoi fondamenti sulla cultura letteraria, la retorica e formalistica, sulla memoria e sul passato. Questo, inoltre, esclude la natura e la scienza, materie di interesse per Cartesio.


Cartesio cerca un metodo che sia vero e utile: esso deve dare all'uomo una conoscenza non solo pratica ma anche teorica, e deve condurlo a distinguere il vero dal falso in vista dell'utilità e dei vantaggi che possono derivarne dalla vita umana. Questo me todo dovrà rendere l'uomo padrone della natura, e dovrà mettergli a disposizione i frutti della terra e altre comodità; infine dovrà mirare alla conservazione della salute. In sintesi, il metodo dev'essere un criterio di orientamento unico e semplice e che serva.



giovedì 4 luglio 2013

John Locke



John Locke è stato considerato il fondatore dell'empirismo inglese, corrente filosofica che riforma il razionalismo di Cartesio, cercando di fondere esperienza e ragione. Per Cartesio la ragione è una facoltà conoscitiva assoluta che si basa sulla res cogitans. Nacque a Wrington (Bristol) nel 1632. Studiò filosofia e medicina a Oxford. Dal 1667 divenne segretario personale del conte Ashley Cooper e da allora la sua vita fu legata in gran parte alle alterne fortune del suo protettore. Quando Lord Ashley fu definitivamente esiliato per aver cospirato contro il tentativo di restaurazione assolutistico-cattolica di Carlo II, Locke si rifugiò in Olanda. Qui venne in contatto con l’ambiente liberale di Guglielmo di Orange e, quando questi divenne re d’Inghilterra, poté tornare a Londra. Non soddisfatto del nuovo governo, si ritirò a vita privata nel castello di Oates nell’Essex, dove morì nel 1704.


La figura di Locke, con la sua difesa dell’empirismo, rappresenta l’altra grande alternativa dei pensiero seicentesco: da una parte il razionalismo di Descartes (Cartesio, per chi non l’avesse capito, che intendeva la ragione come una tecnica che procede in modo autonomo e geometricamente, cioè utilizzando solo le idee chiare e distinte in un ordine rigoroso), e dall’altra, appunto, la filosofia di Locke e dei pensatori a lui successivi quali Hume e Berkeley. Eppure l’empirismo non voleva negare l’importanza della ragione. Esso sostiene invece che la ragione ha dei poteri, i quali sono però limitati dall’esperienza, intesa, quest’ultima, come la fonte e l’origine del processo conoscitivo, ed anche come il criterio di verità o lo strumento di certificazione delle tesi proposte dall’intelletto, che risultano valide solo se suscettibili di un controllo empirico.


Il capolavoro di Locke, il Saggio sull’intelletto umano (1690), è un esame approfondito delle possibilità conoscitive dell’uomo, ribadendo che la gnoseologia (= teoria della conoscenza) è la parte più importante della filosofia, come è ormai chiaro da Descartes in poi.L’opera si apre con una critica dell’innatismo, cioè contro la concezione che esistano nella nostra mente principi o idee presenti in noi fin dalla nascita. 

giovedì 20 giugno 2013

Thomas Hobbes


Thomas Hobbes in un ritratto di John Michael Wright
(National Portrait Gallery, Londra)


La filosofia di Hobbes rappresentò l’alternativa del XVII secolo alla filosofia di Cartesio, non solo perché la filosofia di Cartesio era legata alla metafisica, mentre quella di Hobbes era legata a presupposti materialistici, ma anche perché i due filosofi scorgeranno nella ragione tecniche molto diverse.Thomas Hobbes nacque a Westport nel 1588. Studio a Oxford ma la sua formazione fu dovuta ai suoi continui contatti con l’ambiente culturale. Visse a lungo a Parigi, dove fu anche amico di Cartesio. Le sue opere più importanti furono il “Leviatano”, pubblicato nel 1651, e la trilogia “De Cive”, “De Corpore” e “De Homine”, dove espose il suo sistema in maniera completa. Gli ultimi anni della sua vita gli occupò in polemiche (ad esempio difese la corporeità di Dio con il vescovo Bramhall). Morì a Londra nel 1679, a 91 anni.



La filosofia di Hobbes ha come unico scopo quello di porre i fondamenti per una società pacifica e ordinata; lui pensava che questo fosse possibile solo grazie ad un potere assoluto dello stato. Egli crede che sia inutile una filosofia basata sulla metafisica (utilizzata ad esempio da Aristotele, o dallo stesso Cartesio), ed è per questo che egli cerca di creare una filosofia puramente razionale, che escluda il soprannaturale, che escluda ciò che fu affermato dagli autori antichi e che prenda spunto esclusivamente dalla natura.


venerdì 31 maggio 2013

Approfondimento : Confronto tra Locke e Hobbes


Per Locke l'individuo non possiede un generico diritto su tutto (come per Hobbes), bensì tre diritti naturali specifici (vita, libertà e proprietà) che terminano laddove iniziano quelli degli altri.


Per Locke lo stato di natura non è una condizione di disordine giuridico (come per Hobbes) in cui tutti possono pretendere tutto, ma come una condizione in cui a ciascuno spetta il suo, secondo un disegno della legge naturale che si fonda sulla ragione.


- Per Locke lo stato di natura non é una condizione di guerra (come diceva Hobbes), ma uno stato di pace e di armonia. Nonostante questo, nello stato di natura manca un potere superiore che imponga in modo coercitivo il rispetto della legge naturale. Per questo (Locke concorda con Hobbes) bisogna uscire dallo stato di natura e costituire la società civile attraverso un patto sociale. 


- Il patto sociale per Hobbes equivaleva a una rinuncia, da parte dell' individuo, del proprio diritto naturale a favore del sovrano, per Locke l' unico diritto a cui l' individuo rinuncia entrando nella società civile é quello di farsi giustizia da sè, dal momento che proprio la giustizia costituisce il compito fondamentale dello Stato. 


- Il potere del sovrano non é quindi assoluto (come per Hobbes) ma limitato alla tutela dei diritti dei cittadini.

 

- Per Hobbes il contratto sociale si risolveva nel patto di soggezione con cui gli individui cedevano pressochè incondizionatamente il loro diritto naturale al sovrano. Locke distingue invece un patto di unione in cui la moltitudine degli individui si trasforma in un' unica res publica, la cui volontà unitaria é espressa dal principio della maggioranza, e un patto di soggezione, in cui i cittadini si sottomettono al sovrano alla condizione che egli garantisca i loro diritti. Qualora questo non avvenga gli individui possono recedere dal patto che non é stato rispettato dal sovrano (diritto di resistenza).


- L' assolutezza del potere politico si rispecchia per Hobbes nella sua indivisibilità. Viceversa, l' esercizio legittimo del potere trova la propria garanzia nella separazione dei poteri che concorrono alla determinazione della vita dello Stato. Locke distingue infatti tre poteri: legislativo, esecutivo, federativo. Se il potere federativo dipende legittimamente da quello esecutivo di cui é un' emanazione, tra potere esecutivo e potere legislativo ci deve essere un rapporto di separazione (sono detenuti da persone o corpi politici diversi) e controllo reciproco (nessuno dei due é autosufficiente, ma ciascuno dei due condiziona ed é condizionato dall'altro).

giovedì 23 maggio 2013

Approfondimento: Mandala

Il termine "Mandala" (letteralmente = cerchio) si ritrova in varie culture, tra cui quella buddhista, mentre il corrispettivo induista è lo Yantra (letteralmente = strumento). Lo Yantra è simile al Mandala, tuttavia le due tecniche si differenziano per la complessità. Lo Yantra è molto più schematico, limitandosi ad usare figure geometriche e lettere in sanscrito, mentre nel Mandala sono rappresentati anche, in maniera talvolta particolareggiata, luoghi, figure ed oggetti. Il Mandala rappresenta, secondo i buddhisti, il processo mediante il quale il cosmo si è formato dal suo centro; attraverso un articolato simbolismo consente una sorta di viaggio iniziatico che permette di crescere interiormente. I buddhisti riconoscono, però, che i veri Mandala possono essere solamente mentali, le immagini fisiche servono per costruire il vero Mandala che si forma nella mente della gente e vengono consacrate solo per il periodo durante il quale è utilizzato per il servizio religioso. Al termine del lavoro, dopo un certo periodo di tempo, il mandala viene semplicemente "distrutto", spazzando via la sabbia di cui è composto. Questo gesto vuole ricordare la caducità delle cose e la rinascita, essendo la forza distruttrice, anche una forza che dà la vita.